Oggi ho incontrato una persona molto particolare. Si chiama
Alessia, ma è conosciuta da tutti come Veet Sandeh che in sanscritto significa
“Oltre i dubbi”. Sandeh è una donna transgender così in armonia con sé stessa
che ha molto da raccontare e ci tiene a spiegarmi la sua vita in toto, a 360°.
Mentre parla tiene in braccio Gina, il suo barboncino dalla quale non si separa
mai.
Nasce a Catania, nel 1964 e a soli 15 anni viene cacciata di
casa dal patrigno per il suo modo “troppo femminile” di vestirsi. Arriva a
Torino e inizia a lavorare in una azienda, fino a quando viene messa in cassa
integrazione e poi licenziata perché si presenta vestita da donna. Sandeh non
rinnega il suo passato e le sue scelte: “Per
vivere ho fatto la prostituta! Erano gli anni ’80, non era la vita che cercavo
ma l’unica possibile per chi si veste da ragazza in un corpo da uomo. Ho avuto
relazioni con personaggi influenti, politici, carabinieri, uomini sposati e ho
fatto persino la portaborse” dice sorridendo. Per superare le difficoltà, come
rimedio al dolore e al distacco della vita si butta nell’eroina da cui
diventerà presto dipendente. “Sono stata
dipendente dalla droga per 5 anni. Era l’unico modo per sopravvivere.
L’alternativa era il suicidio”. Un giorno la polizia fa irruzione nel suo
appartamento prestato ad una amica e trovano 1 kg di eroina. Non è sua ma viene
arrestata e finisce in prigione per 13 mesi per favoreggiamento allo spaccio.
Come è stato il periodo
di detenzione?
Il carcere è
l’università della malavita. In
prigione impari di tutto a vivere e sopravvivere e stringi amicizie con clan e
altri detenuti che sono dentro per il tuo stesso motivo. Si crea una famiglia
in cui sei protetta e con cui crei alleanze. Non ho subito ripercussioni grazie ad
amicizie e incontri fortuiti e sono riuscita a disintossicarmi. È stata dura
perché non volevo prendere tavor o metadone per evitare di uscirne ed essere
dipendente da altri farmaci.
Cosa hai fatto quando sei uscita?
Sono andata in una comunità, altrimenti avrei rischiato di tornare alla
vita precedente. Il destino mi porta a Trapani alla comunità “Saman” (che
significa “canzone” in sanscritto) fondata da Mauro
Rostagno (Sanatano) e ispirata al movimento di Osho Rajneesh. Qui la mia vita è cambiata! Da allora
ho iniziato a meditare, mi sono avvicinata alla filosofia indiana e attraverso
l’amore e l’accettazione di me stessa ho preso maggiore consapevolezza del mio
corpo, riuscendo a superare le mie paure.
Quando hai capito che il tuo corpo non ti piaceva?
Ho sempre sentito di
avere una parte femminile in me molto sviluppata. Già a 8 anni mi vestivo da
donna e mi sentivo bene. Ho iniziato la mia transizione nel 1982 ma non sono
operata e non ne sento il bisogno. Sto aspettando i nuovi documenti, con la nuova
sentenza della Corte di Cassazione sulla legge 164 è possibile ottenere il nome
femminile anche senza operazione chirurgica. Le persone transessuali che
effettuano l’intervento di transizione devono prima trovare sé stesse, essere
in armonia con il proprio corpo. È un percorso di accettazione che non sempre
avviene con il cambio di sesso. È importante indagare dentro di sé”.
Com’è il rapporto con
la tua famiglia?
Mio padre mi ha sempre rifiutata
e continuo a non avere nessun rapporto con lui. Mia mamma è stata la mentore
nei momenti più difficili e mi ha sostenuto quando ho intrapreso percorsi
inesplorati. Per lei sono sua figlia Alessia. Ho fratelli e sorelle ma non con
tutti ho un dialogo. Ho nipoti straordinari a cui voglio molto bene e ne vengo
ricambiata. In fondo la famiglia è quella che ti crei con l’amicizia.
Hai vissuto episodi di transfobia?
Come hai reagito?
La transfobia è una
realtà che spazia in tutti i rami della società soprattutto dove regna il
potere e il maschilismo. Anche nel mondo LGBT esistono persone transfobiche e
la battaglia per i diritti non è sempre uguale per tutti. Io ho fatto il mio
percorso. La mia vita si divide in due fasi: la prima quando mi sentivo vittima
della società e i soprusi ferivano la mia persona. Mi sono dovuta proteggere
fin da bambina costruendo maschere e arrivando anche a usare sostanze come
l’eroina per sopravvivere. La seconda quando sono uscita dalla Comunità Saman
nel 1991 con la piena consapevolezza che non c’era nulla di sbagliato in me e
con uno strumento come la meditazione per andare oltre a ciò che vedono gli
altri. Oggi quando qualcuno mi insulta lo osservo con compassione e non mi
sento ferita. Se le persone imparassero a guardarsi dentro, ad essere più
serene con sé stesse, sicuramente non si preoccuperebbero di giudicarti. Nella
vita tutti portiamo una croce, c’è chi ha deciso di caricarla sulle spalle e
chi sulla Rolls Royce. Io ho optato per la seconda.
Che lavoro fai oggi?
Quando mi sono avvicinata alla filosofia di Osho ho iniziato un percorso
spirituale. Ora pratico Reiki, Cristalloterapia, Channeling, Tarocchi Zen e
Couseling Olistico sulle tematiche Transgender e dipendenze. Sto anche
scrivendo un libro sulla mia vita che spero di finire presto.
Sei felice?
Si. Sto bene con me
stessa e con il mio corpo. Sostengo la filosofia degli indiani d’America
Lakota, che definisce i “Two Spirits” racchiudendo in sé il significato
dell’individuo transessuale come un soggetto più vicino a Manitù in grado più
degli altri uomini di comprendere le psicologie maschili e femminili”. Secondo
questa filosofia il mondo si sta preparando a ricevere il femminino sacro,
ovvero l’energia femminile sacra. Le persone transgender sono i precursori di
questa sacralità e hanno come missione quella di dare una nuova onda energetica.
In India esiste una raffigurazione
chiamata Ardhanareshwar, viene ritratto nella sue effige duale maschio/femmina
Shiva/Shakti, l’equilibrio tra il maschile e femminile,
ciò a cui noi transgender dovremmo aspirare.
Sei mai stata una
attivista in qualche associazione?
Si, ho fatto parte di
una associazione chiamata AssoCanapa che sostiene l’uso terapeutico della
canapa e altri benefici legati a questa pianta. A 18 anni fondo il MIT
(Movimento Italiano Transessuali) a Torino, all’interno dell’associazione
F.U.O.R.I. (Fronte Unitario Omosessuale Rivoluzionario Italiano), nel 1995 collaboro
alla fondazione dello sportello trans della CGIL a Torino e sono stata
volontaria allo sportello SpoT del Circolo Maurice fino all’anno scorso. Nel
2015, insieme ad Achille Schiavone e Murat Cinar creo il Divine Queer Film
Festival e organizzo la Trans freedom March insieme al Coordinamento Torino
Pride (insieme di associazioni lgbt torinesi). Da pochi mesi mi sono distaccata
da queste realtà perché sento la necessità di creare una associazione solo di
persone T. dove conoscersi, collaborare, aiutarsi e sostenersi. Per questo ho
fondato “Sunderam Identità Transgender Torino Onlus” (Sunderam
significa benessere/bellezza). Sento che è ora che le tematiche T. siano
gestite dalle persone T. con consapevolezza
e partecipazione.
Raccontami una cosa che
ti piace?
Amo viaggiare da sola e
quando posso vado in India, terra del maestro Osho. Quando ero giovane ho avuto
una relazione con un ragazzo sieropositivo e sono stata infettata. Non mi sento
una vittima, ero consapevole del rischio che correvo ma l’amore femminile
spesso ti porta ad annullarti, sento che è stato il prezzo che ho dovuto pagare
per la mia libertà. Ricordo con simpatia le 52 ore di treno indiano per
raggiungere il maestro Guruji a Bikaner (Rajastan) o i 3 mesi passati
sull’Himalaya per la purificazione del corpo grazie ad un macchinario chiamato
Zapper, creato dalla Dottoressa Hulda Clark che emette delle frequenze
microbicide a bassa tensione (circa 7-9 volt) adatte alla distruzione dei
parassiti. E’ stato il momento che ho imparato ad amarmi totalmente così come
sono, come l’esistenza mi ha creata.
Qual è Il tuo sogno nel
cassetto e quali sono i tuoi progetti futuri?
Ho così tanti progetti
aperti che devo raccogliere tutte le energie per poterli realizzare, come prima
cosa c’è Sunderam Identità Transgender Torino Onlus con la quale stiamo partendo con due progetti
uno è “Amarsi” un gruppo di Auto Mutuo Aiuto con la collaborazione del CiDiGem,
l’altro è portare la Trans Freedom March in varie città italiane. Andremo dove
c’è bisogno di più visibilità e quest’anno abbiamo scelto Napoli. Poi c’è
Divine Queer Film Festival che quest’anno è alla seconda edizione, un festival indipendente
con una raffinata selezione di film indipendenti. E per finire ho in mente un
bel progetto per la Città di Torino a Novembre e spero di poterlo allargare anche
al resto d’Italia il prossimo anno, insieme alla collaborazione delle altre
associazioni Transgender. Ma non è il momento di dire tutto!
C’è altro che vorresti aggiungere
a questa intervista?
Nulla avviene per caso,
tutti gli incontri sono coincidenze scritte. Non lamentatevi per le cose brutte
ma concentratevi sulla bellezza e sul benessere. Ringraziate la vita per ciò
che vi pone davanti. Ringraziatela sempre. Se oggi siete così è anche grazie al
vostro passato. Non c’è nulla di sbagliato tutto è esperienza!
Ringrazio Sandeh per il suo tempo, per essersi aperta e
avermi raccontato la sua storia. Il suo racconto duro e crudo è sicuramente
fonte di ispirazione, determinazione e coraggio.
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